L'Eugubino
maggio 2002

  In questo numero: "I Ceri e la Balestra nel 1936" e "Considerazioni a margine dell'inaugurazione del balipedio".



L'Eugubino
Copertina

 L'Eugubino
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E. Cricchi 
I Ceri in Via dei Consoli
(coll. priv.)



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Foto - Pagina 10 

(*) Attenzione! 
Il Palio, oggi, ha luogo in Piazza della Signoria (Piazza Grande) ogni ultima domenica di Maggio. 



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I Ceri e la Balestra nel 1936 di Fabrizio Cece

Il 13 ottobre 1936 la Direzione Generale dell 'Opera Nazionale Dopolavoro richiese alle varie sedi provinciali un articolo panoramico sulle feste popolari che si organizzavano nei vari comuni. Il Dopolavoro perugino rivolse analoga richiesta al podestà di Gubbio Lamberto Marchetti. Il 16 ottobre l'avvocato Marchetti inviò a Perugia una sua descrizione della Festa dei Ceri e del Palio della Balestra. Non mancando in essa alcuni elementi di curiosità, se ne riporta l' intera trascrizione.

La Festa dei Ceri e la gara dei balestrieri a Gubbio. Gubbio è fedele custode delle sue tradizioni, di cui la prima è la festa dei Ceri che si celebra ogni anno il 15 Maggio. E' una giornata di medio evo che rivive, dove la suggestione è accresciuta dallo scenario meraviglioso che nulla ha perduto col volgere dei tempi. A distanza di giorni, si comincia a creare come un'atmosfera nuova tanto l'antichissimo rito fa parte dell'anima e del sangue di ogni eugubino...
La più bella gioventù della città e delle campagne fa a gara per portare i Ceri che sono grandi torri di legno poligonali strozzate in mezzo ed infisse su barelle. Ogni cero è affidato ad una diversa corporazione di arti e mestieri: ai muratori e scalpellini il Cero di Sant'Ubaldo, ai merciai quello di San Giorgio, ai contadini quello di Sant' Antonio; le immagini dei Santi sono collocate in cima a ciascun Cero. Vestono i ceraioli pantaloni bianchi, camicia gialla, azzurra e nera a seconda del Cero, hanno larghe sciarpe alla cintura e in capo un rosso fez alla bersagliera. Sono agli ordini del primo Capitano che porta una divisa corruscante di ori dalla feluca piumata; gli è appresso il secondo Capitano, che non lo lascia un istante: egli veste il costume dei ceraioli, con qualche lieve differenza e, come il primo, cinge una lucente spada. Caracolla presso di loro un' Araldo, anch'esso assai elegantemente equipaggiato, che ripete con la lunga tromba indrappellata un caratteristico ritornello...
Il primo rito del 15 Maggio è la sveglia che i tamburi suonano alI' alba per i Capitani. Più tardi la campana maggiore del Palazzo dei Consoli, che la tradizione vuole fusa in bronzo e oro, comincerà a effondere la sua voce possente e le strade si popoleranno di cittadini e di forestieri in mezzo ai quali le camicie ed i berretti dei ceraioli metteranno vivaci note di colore...
Alle undici v'è il pranzo dei ceraioli e a mezzogiorno quello delle autorità e degli invitati. Il pubblico è ammesso, prima che giungano i commensali a visitare le tavole, scintillanti di cristalli, colme di fiori. Finito il loro pranzo, i ceraioli scendono ed
alzano il Cero. I tre Ceri infatti sono stati disposti orizzontalmente in una vicina grande corte. Sale tra le stanghe delle barelle il Capodieci -sorte di caposquadra -e lancia una brocca d' acqua...
La brocca va in frantumi ed allora, in un attimo, i Ceri sono sollevati come piume dalle spalle erculee dei portatori e comincia la corsa per la città a fare come si dice la mostra. Non vi è meta, si ripetono le classiche girate o birate avanti le abitazioni delle personalità più in vista, sino a che i tre Ceri, allineati e appoggiati a caratteristici sostegni vengono deposti nella Via Savelli Della Porta...
A vespro esce dalla Cattedrale la processione e quando essa giunge sull'incrocio di Via Savelli con Via Dante i Ceri sono stati già sollevati e attendono la benedizione del Vescovo. Appena questi compie il rito, avviene uno spettacolo indimenticabile. Una folla immensa si precipita per la ripida scesa: cittadini, forestieri, uomini di ogni età e di ogni condizione precedono i Ceri: essi appaiono in un mare immenso di teste quasi alberi di una nave: galoppa avanti il primo Capitano che leva in alto la spada e 10 segue I' Araldo. La corsa è sempre più vertiginosa: il Corso Garibaldi, Via Cairoli, Piazza Vittorio Emanuele, il quartiere di San Martino vengono attraversati in un attimo, sino a che i Ceri sostono all'imbocco di Piazza della Signoria che intanto si è gremita di pubblico. Vi è solo lasciato libero uno spazio circolare limitato da filo spinato. La campana maggiore suona a distesa, il fragore si eleva dalla moltitudine immensa. I due Capitani fendono la calca e si recano al Palazzo Pretorio a rendere omaggio al Podestà: ne ricevono il saluto e riprendono il loro posto. Suona I' Araldo ed ogni rumore tace: il Podestà si affaccia al balcone ed agita un drappo bianco: è il segnale. I tre Ceri preceduti dai Capitani, compiono di gran corsa, per tre volte, il giro di Piazza della Signoria. Poi, traversato un  breve tratto di Via xx Settembre, attaccano la salita di Monte Ingino e raggiungono in una brevità di tempo che sembra impossibile la Basilica di Sant'Ubaldo. Qui come dicevo sono deposti i Ceri; le Statue dei tre Santi collocate sulla barella vengono riportate in città, fra le luci della fiaccole, mentre alle voci e alle grida incomposte succedono i canti della religione e nel cielo si accendono le prime stelle.

Altra tradizione che Gubbio gelosamente conserva è quella del Tiro della Balestra, che ha luogo ogni anno il 18 Maggio (*) ed ha origine da tempi remotissimi. I balestrieri formavano infatti nei secoli in cui ogni cittadino era soldato le Associazioni dei Ballistari, che avevano lo scopo di addestrare e di allenare gli iscritti al tiro della Balestra. La Magistratura, non solo faceva oggetto di speciale cura l'istituzione, ma ne regolava l'attività. Anche oggi si seguono con scrupolo le antiche regole. La gara si svolge sempre in Piazza della Signoria. 
Prima del tiro i balestrieri, come un tempo si recavano nella Cancelleria, oggi vanno nella Segreteria Comunale e prendono il loro numero d' ordine. Ai tocchi della campana maggiore del Palazzo dei Consoli la folla comincia ad affluire e prende posto dal lato della Piazza. Si riempiono le gradinate e le finestre degli edifici vicini. Il bersaglio collocato sulla facciata del Palazzo Pretorio ha al centro un cilindro sporgente detto tasso. Tirano per i primi i capibanco, poi, secondo l'estrazione dei nomi i balestrieri. Le balestre sono in genere le antiche balestrie d'assedio; la corda è incroccata da un martinetto. Il tiratore si pone a cavalcioni sopra il banco, poggia la parte centrale dell'arco su di un apposito sostegno, il fusto spalla e prende la mira valendosi di un apposito sistema di diaframmi collocati sull ' asse dell ' arma. Si vedono dei tiri straordinari, a quarantacinque metri vi è chi colpisce nel centro che è del diametro di pochi centimetri. 
Il pubblico applaude i tiri ben riusciti e disapprova senza misericordia quando le frecce non raggiungono il bersaglio. Questo alla fine della gara viene portato innanzi al Podestà, che come un tempo il Luogotenente, proclama i vincitori. Colui che ha compiuto il miglior tiro riceve un premio in danaro corrispondente all'antica moneta, ed espone per un giorno nella sua casa la bandiera dei balestrieri. Il secondo vincitore ha diritto di conservare sino all'anno seguente il bersaglio con le frecce infisse. Dopo la proclamazione i vincitori sono accompagnati alle loro abitazioni, giusta quanto gli statuti stabilivano -a suon di trombe e tamburi salutati dagli evviva della folla. Allorché nel 1808 Gubbio entrò a far parte del Regno Italico, Napoleone proibì il tiro della balestra: concesse però che fosse ripristinato nel 1811 in occasione delle grandi feste che celebrarono la nascita del Re di Roma.

Da L'Eugubino pagg. 07,08,09 e 10 - Anno LIII, n.2

     
Considerazioni a margine dell'inaugurazione del balipedio di Alfredo Morelli

Domenica 21 aprile. Si inaugura il nuovo campo di allenamento della Società Balestrieri di Gubbio, dottamente denominato "balipedio", ubicato, come da tradizione, sulla riva sinistra del corso superiore del torrente Cavarello, poco sopra la Porta Romana. Anche la natura sembra partecipare alla gioia del momento: il torrente anima lo sfondo con una inconsueta cascatella d' acqua, i lecci stormiscono dalle pendici del Monte Ingino, sulla scarpata a destra occhieggiano i ciclamini selvatici e un vento fresco muove veloci nuvole nel cielo e fa garrire il nastro tricolore teso attraverso l' ingresso della piattaforma di tiro. Al di là del doveroso plauso alla Società Balestrieri per la tenacia e l' impegno profusi in questa realizzazione, che le assicura continuità di formazione e allenamento in condizioni di assoluta sicurezza, due considerazioni connotano in senso fortemente positivo questa nuova struttura. Prima di tutto la estrema cura per i dettagli: tutto, fin nei più umili e minuti particolari rivela l'amore e la passione con cui i balestrieri hanno lavorato per costruire il "loro" campo di tiro. Staccionate, illuminazione, piattaforma, bersagli mostrano una qualità assolutamente superiore sia nella scelta dei materiali che nella posa in opera, a riprova, ove ve ne fosse bisogno, che l'impegno volontario, quando è sorretto da forti motivazioni ideali, riesce a giungere ben oltre il limite dove normalmente si ferma il soldo. In secondo luogo, come giustamente sottolineato negli interventi del Sindaco Goracci e dell' ex presidente della Comunità Montana Biancarelli, il forte effetto di riqualificazione del tessuto urbano che questa nuova struttura, posta a ridosso del centro storico, ha prodotto. La creazione di un'area verde attrezzata di alto pregio e finalizzata ad attività al contempo ricreative e culturali in un luogo che altrimenti sarebbe destinato all' incuria costituisce un esempio piccolo, ma significativo di come si possa, a Gubbio, rinnovare e rivitalizzare le aree della città che più hanno sofferto dello spopolamento e dell' abbandono senza ricorrere necessariamente all'asfalto ed al cemento. Ancora una volta il connubio fra impegno civile e sensibilità delle Istituzioni ha dato buoni frutti e donato alla Città un altro piccolo gioiello.

Da L'Eugubino pag. 30 - Anno LIII, n.2