Gubbio Oggi
settembre 1996

  In questo numero: "Folcrore, una questione di cultura".



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Folcrore, una questione di cultura. di Giacomo Marinelli Andreoli

Gli appuntamenti folcloristici estivi, con le polemiche e i riscontri che ne sono seguiti, hanno riproposto il problema dell'immagine e della valorizzazione della nostra città. Un problema di cultura, prima che di organizzazione.

Feste di serie A e di serie B.
La Festa dei Ceri è la Festa dei Ceri; quasi a voler dire che i Ceri sono di serie A e il resto... D'accordo, giusto esserne orgogliosi, ma fino ad un certo punto. Intanto c'è da sciogliere un madornale dilemma: nel tepore delle nostre mura ci innalziamo a deprecare la pubblicizzazione della Festa dei Ceri. "I turisti non servono, anzi impicciano", si sente dire. Fuori, intendiamo dire lontano da Gubbio, se c'è da magnificare la nostra città si cade inevitabilmente sul fascino e sullo spettacolo dei Ceri, sugli "eugubini matti", sull'unicità di una festa che si perpetua da secoli. Vogliamo o no che questa straordinaria giornata sia anche (e ripetiamo, anche) un biglietto da visita per la nostra città? Non per attirare turisti e forestieri il 15 maggio (non ce n'è bisogno); ma per portarceli tutto l'anno. Come fa il Palio di Siena; sì, proprio il Palio. Che raduna decine di migliaia di persone per due giorni all'anno, ma ne richiama molti di più negli altri 363, solo per il gusto di mettere piede in Piazza del Campo, o per visitare i piccoli affascinanti musei delle contrade, dove foto, immagini, cimeli ricordano le antiche edizioni della corsa. Lo vogliamo davvero? Perché sta in questo, probabilmente, il confine tra feste di serie A e di serie B. Nel saper proporsi anche fuori del proprio guscio, nel saper superare I'atavico immobilismo mentale per cui "si sta tanto bene da soli", ma non si realizza che in realtà ci si vuol solo proteggere da possibili confronti con l'esterno. Ma come fare? Un input: iniziamo a muoverci per far sì che la nostra Festa -già la nostra, cioè di tutti, e non solo di pochi "notabili" trovi una vetrina di grande risalto. La tv, ad esempio. Ha mai pensato qualcuno ad adoperarsi per avere la diretta Rai, o Fininvest? Se Canale 5 l'anno scorso ha organizzato 12 ore di diretta da Siena, perché non lo si potrebbe proporre per Gubbio (basterebbero anche tre ore)? Fantasie? Non esistono "canali preferenziali"? Ci risulta che il ministro dei Beni Culturali e del Turismo sia Walter Veltroni: non certo un estraneo dalle nostre parti. In tanti hanno barrato il suo nome, il credito c'è. 

Palii e autogol.
C'è poi questo luogo comune per cui "il Palio della Balestra è noioso" e il "Torneo dei Quartieri serve a mandare alla sfilata il figlioletto": tanto è la vigilia di Ferragosto. Se poi c'è il cugino di Roma, fa niente: un vestito si trova anche per lui. Siamo sicuri che si tratti solo di "mascherate"? Che non ci sia qualcosa in più che dia vita, risalto e valore a queste manifestazioni? Qualcuno dovrebbe riflettere, a lungo. Gli Sbandieratori sono, I da quasi trent' anni ormai, uno spot di eccezionale contenuto spettacolare per la nostra città. Quanta gente avrà avuto l'input di venire dalle nostre parti, ammirando il "fiocco"? Quanti avranno chiesto cosa erano quegli strani simboli sulle bandiere, e avranno sentito parlare di "Tavole Eugubine"? 
Sono solo "mascherate"? E quanti hanno conosciuto la balestra e poi Gubbio? O ammirato la precisione dei balestrieri, nella sfida con Sansepolcro o nel Torneo Nazionale, appassionandosi per la nostra città e la sua tradizione secolare? Sono solo "mascherate"? 
La verità è che forse non ci rendiamo conto di avere in mano un patrimonio di inestimabile valore. Al contrario dei Ceri. sempre considerati di serie A senza che facessimo nulla per dimostrarlo i Palii sono stati catalogati come festicciole di serie B. Roba da pochi intimi, giusto per staccare 20.000 lire ad un turista. Tutto questo, scusate, non ha senso. E' un autogol. Non ha senso che una città che da secoli vede perpetuare incorrotta l'arte della balestra, snobbi così le proprie manifestazioni. Non parliamo solo di pubblico. Il problema investe istituzioni e associazioni (e la Pro Loco, se ancora esiste) la stessa Società Balestrieri non ha saputo in tanti anni trovare elementi di distinzione tra le due edizioni (Palio della Balestra e Palio dei Quartieri) contribuendo a "mischiare" le carte e a rendere più importante il secondo, a dispetto della tradizione. E non ha saputo finora attivare con le altre società confederate una collaborazione per dare maggior risalto al Torneo Nazionale (basterebbe una lotteria, delle tante che ci sono). Veniamo al fattore tradizione. Fioriscono come margherite altre società balestrieri, che copiano (le virgolette non servono) letteralmente quello che si fa a Gubbio, o Sansepolcro o S.Marino. Copiano, perché tanto sanno che nessuno glielo può impedire, tanto per i turisti fa lo stesso. Che differenza fa vedere il Palio della Balestra di Gubbio o la sfida della balestra di Morano Osteria? Nessuna, dal momento che per affermare e diffondere l'autenticità della prima non si muove nessuno. 


Proposte senza pretese.
E' una questione di cultura, abbiamo detto all'inizio. Cultura, che significa comprendere il valore della tradizione. Se la Società Balestrieri ha avuto i locali inagibili e gli Sbandieratori non hanno avuto sede per "allenarsi", un motivo c'è. Se tante sagre, festicciole, raduni paesani, con stands gastronomici, fuochi d'artificio e ruota della fortuna, se la passano meglio, un motivo c'è. Precisiamo, non si vuole condannare queste ultime, che hanno pieno diritto di essere: ma a ognuno il suo. Il Quartiere di S.Pietro ha destato scalpore, rifiutandosi di andare in Piazza Grande, non stiamo a discutere se hanno fatto bene o no. Pensiamo al fatto che il malessere c'è. Che l'assenza è diventata un messaggio, un allarme. Sintomo di una grande insofferenza. Una proposta? Lavoriamo per identificare e distinguere i Palii: il Palio della Balestra, nella sua essenzialità, va arricchito. Non di contenuti ma di forma (serve anche quella), senza fermarsi ai banali ostacoli dovuti al "periodo ceraiolo". Mentre il Palio dei Quartieri potrebbe subire più modifiche (ha meno tradizione) e ad esempio diventare il momento culminante di una intera settimana di "giochi medioevali" di cui Gubbio ha documentate radici. C'è bisogno, insomma, di una regia: di un qualcuno o un qualcosa che programmi la manifestazioni, preveda una "scaletta" delle fasi ben distinte, cerimonie motivate, con un contorno adeguato. Banalità? Più che altro, proposte senza pretese. Pensiamoci. Quanto ai Ceri, beh, la festa è sui generis. Difficile in questo caso parlare di regia perchè è ormai festa di massa. Ma l'intervento è necessario: non per svilire, però; non per tagliare, ma per arricchire. Per testimoniarne la continuità (pensiamo a musei, a mostre fotografiche, a iniziative di contorno). Chi ha fatto ciò che ha fatto negli anni' 50 Mario Rosati & C. ha agito non solo per il bene della Festa, ma anche per valorizzarne l'immagine, fuori del contesto eugubino. Brillanti precursori, diventati purtroppo profeti nel deserto. 

La rivincita dei Balestrieri.
Ancora Rodolfo Radicchi: dopo il primo posto al Torneo Nazionale della Balestra del '95, il balestriere eugubino ha fatto centro. Con un tiro impeccabile ha vinto il Palio di Sansepolcro, riscattando una stagione della Società Balestrieri decisamente sotto tono in fatto di risultati: perso malamente il Palio di maggio e quello nazionale giocato in casa, gli eugubini si sono rifatti con i primi tre posti a Sansepolcro. Dietro a Radicchi i nostri Angeloni e Mencarelli.

Da Gubbio Oggi pagg. 27e 28 - Anno VI, n.7