Il 15 del mese di maggio: fremente vigilia della chiesa universale per la solenne commemorazione del "dies natalis" di Sant'Ubaldo, patrono, cittadino stratega e Padre della Patria. La Festa dei Ceri, nei suoi contenuti più profondi, è aggregante amalgama di popolo (che amorevolmente ogni anno si ritrova di più), di potere religioso e civico. Completa e perfetta sinergia morale che, con paritaria distribuzione, viene equamente ripartita nelle essenziali competenze istituzionali. Tre, proprio come i Ceri, poteri-funzioni: dell'antichissima Università dei Maestri Muratori, con i "deputati" ai Ceri, Primo e Secondo Capitano, "eletti" in grembo all'arte corporazione; del vescovo, e del sindaco. La Festa dei Ceri - i Ceri sono tre grandi pinnacoli, ripartiti in tre prismi sovrapposti, ricoperti da paliotti dipinti con stemmi ed ornamenti; innestati su robuste barelle (peso complessivo di ogni cero con barella e santo: circa tre quintali, altezza, complessiva, circa cinque metri) - ha ritmi incalzanti levitati attraverso tanti secoli. Prim'ancora dell'alba ha luogo la Sveglia dei Capitani (che certamente non possono aver dormito per la onorifica carica che sono riusciti ad ottenere per una sola volta nella loro vita). Sveglia squillata dal Campanone e dal gruppo tamburini dei tre Ceri. D'un subito, ossequio ceraiolo al civico cimitero per la benedizione dai cappellani dei Ceri: feeling morale collegante le generazioni dei ceraioli che furono, che sono e che saranno. Momenti forti della Festa: alle ore 10 sfilata dei baldi ceraioli da S. Lucia a Piazza Grande, dopo avere ricevuto il mazzolino di fiori agresti dalle simpatiche ragazze ceraiole (pegno e "malleveria" di totale promessa ed impegno per la corsa); bande, canti, suoni, lazzi e frizzi. Alle ore 12 in punto, in Piazza Grande, tra mareggiare di plaudente folla, esplode l'alzata dei Ceri, "sciabolata" dal Primo Capitano con spavaldo lancio delle artistiche brocche, propiziatrici, scagliate con impeto dai Capodieci verso la basilica ubaldiana. Pomeriggio, ore 18: dopo l'alzatella, la benedizione del vescovo, con reliquia ubaldiana, sprigiona la compressa attesa dei ceraioli che si fiondano giù per le calate in assurda travolgente corsa fino a Piazza Grande. Mute e cambi, spericolati e drammatici: i santubaldari (casacca gialla: muratori), i sangiorgiari (casacca azzurra: mercanti) e santantoniani (casacca nera: agricoltori e studenti) si alternano temerariamente sotto le stanghe del loro Cero. A Piazza Grande, il sindaco, agitando la tradizionale mappa (fazzoletto bianco di cultura romana imperiale) fa "scattare" i Ceri per le tre birate in piazza; Ceri che poi, difilato, s'inerpicano su per gli erti stradoni mozzafiato raggiungendo, in soli otto minuti, la Basilica" "Scavijati" i Ceri nel Chiostro (entra primo il Cero di S. Ubaldo perché qui cessa ogni emulazione in corale omaggio ubaldiano dei tre Ceri), i Ceri vengono deposti accanto all'altare di S. Ubaldo, che, per sempre e dal 1194 attende tutti gli eugubini per abbracciarli come vivente! Dopo brevi riti religiosi il nostalgico ritorno (con tremendi commenti e frizzi per eventuali pencolate o cadute del cero) dei tre santi verso la Chiesa dei Muratori accompagnati da alleluiatici canti indirizzati al "Caro Vecchietto" di tutte le case eugubine; indi taverne fino all'alba ed oltre, con balli, canti e suoni, e... musi per coloro ai quali è andata male. La regione Umbria ha recepito le storiche radici etniche e civiche, sacre e laiche, di questa sagra popolare ed ha assunto ufficialmente i tre Ceri quale stemma con legge Regionale del 10 ottobre 1973, n. 37. Attualmente sta seguendo l'ultima parte dell'iter amministrativo, la proposta opportunamente presentata dal vice Presidente della Regione, per celebrare la giornata del Gonfalone, festa civile dell'Umbria. Festa dei Ceri